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Antonio Sanfilippo nasce a Partanna, in provincia di Trapani, l’8 dicembre del 1923.
Frequenta dal 1938 il Liceo Artistico di Palermo, ove ha tra i suoi maestri Guido Ballo, e tra gli amici più cari Pietro Consagra, con il quale condivide una iniziale vocazione alla scultura, nella quale fa i suoi esordi anche espositivi in una collettiva fiorentina. Nel dicembre del 1942 s’iscrive però al corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, ove è allievo di Felice Carena, che ne orienta i primi passi nella pittura. Dipinge spesso all’aperto, come attesta un permesso da lui richiesto per questo fine alle autorità militari. Rientrato a Partanna, vi insegna disegno presso l’Istituto Magistrale.
Nel 1944, all’Accademia di Belle Arti di Palermo, conosce Carla Accardi; espone l’anno seguente al Teatro Massimo con Guttuso e altri giovani; quindi, – sempre nel 1945 – tiene nel capoluogo siciliano la sua prima personale (con un “limitato numero di quadri, di dimensioni modeste”, nel ricordo di Ugo Attardi). Nel 1946 s’iscrive alla sezione palermitana del Partito Comunista. Nuovamente a Firenze, termina gli studi d’Accademia; quindi, si trasferisce a Roma. Pur ancora venata di giovanile idealismo (“noi siamo diversi perché al di sopra di tutte le cose che si vivono materialmente collochiamo la nostra arte sublime”; da una lettera dell’ottobre 1946 a Carla Accardi, che nel frattempo risiede nella casa paterna di Trapani), si radica in lui la lucida intenzione di vivere la pittura come intera ossessione (“la cosa che conta è che non si tralasci quella disciplina di pensare alla pittura la maggior parte del giorno, senza sostituirla con altre storie”; ad Accardi, sempre nel 1946). E la consapevolezza appena conquistata si gira presto in esortazione: “Carla, cerca di trovare nel lavoro e nella fiducia di un domani tutta la pace necessaria”.
Alla fine dell’anno compie il viaggio di studio divenuto per tutti canonico a Parigi, con Accardi, Attardi, Maugeri, Turcato, Consagra. Il viaggio gli consente un utile sguardo sulla avanguardia europea, e soprattutto sulla pittura dei Jeunes peintres de tradition française; non percepisce invece, per allora, né le suggestioni dell’appena nato informel, né quelle del concretismo.
Nel 1947 è tra i sottoscrittori del manifesto del Gruppo Forma e, superato presto l’iniziale post-cubismo picassiano e guttusiano, sperimenta le prime ipotesi neo-concrete, poi quelle astratte alle quali resterà sempre devoto, convinto che solo “nell’astrattismo la rappresentazione tende a rivelare i nuovi aspetti delle cose”. Partecipa a tutte le principali occasioni espositive del Gruppo Forma, e in particolare a quelle promosse dall’Art Club (tra le quali Arte astratta in Italia alla Galleria di Roma nel 1948, la terza mostra Arte d’Oggi a Palazzo Strozzi di Firenze nel 1949 e Arte astratta e concreta in Italia alla Galleria Nazionale di Roma nel febbraio del 1951), che aveva organizzato anche, nel giugno del 1948, la mostra Accardi, Attardi, Sanfilippo, prima occasione che ha di presentare più largamente la sua pittura recente. Nello stesso anno espone alla V Quadriennale di Roma e alla XXIV Biennale di Venezia.
Nel gennaio del 1951 compie con Carla Accardi (che ha sposato nel settembre del 1949) un secondo viaggio a Parigi, durante il quale conosce tra l’altro personalmente Hans Hartung, che ne influenzerà profondamente la pittura, e Alberto Magnelli, che già gli è ben presente, almeno dal 1948; ‘riscopre’ inoltre Arp e Kandinsky.
Dai primi anni Cinquanta tiene personali di rilievo in gallerie fortemente orientate sui nuovi linguaggi, quali la Vetrina di Chiurazzi a Roma, la Libreria Salto a Milano, l’Age d’Or a Roma, il Cavallino a Venezia, la Schneider nuovamente a Roma, il Naviglio a Milano. Nella seconda metà del decennio il suo lavoro ha crescenti riscontri internazionali (espone tra l’altro a New York, Osaka, Bruxelles, Losanna, Pittsburgh, Londra) e registra nuove, importanti adesioni critiche (scrivono di lui fra gli altri Marchiori, Vivaldi, Ponente, Serpan, Tapié), mentre si moltiplicano le esposizioni personali.
Dopo l’esordio nella storica edizione della Biennale del 1948, è nuovamente presente a Venezia nel 1954, nel 1964, e nel 1966 con una vasta e importante sala personale, che ne sancisce definitivamente il profilo di maestro dell’astrattismo italiano. È, nel frattempo, regolarmente invitato alla Quadriennale romana, oltre che – tra l’altro – al Premio Graziano, al Lissone, al Michetti, al Golfo della Spezia.
Gli anni Sessanta vedono il definitivo affermarsi della sua pittura, in Italia e all’estero. Trascorso un breve momento di tangenza con l’informale più drammatico, magmatico e dilacerato (evidente in una serie di dipinti verticali datati al 1959-1960, governati dallo scontro del bianco e del nero), il segno, minuto adesso e invaso da colori diversi, si racchiude spesso in un grande ovale al centro della composizione. Nascono così le ‘nuvole’ e le ‘galassie’, fra le figure più tipiche e conosciute della sua pittura.
Fra le occasioni espositive di maggior impegno, si segnalano le personali alla New Vision Centre Gallery di Londra nel 1961, all’Arco d’Alibert di Roma nel 1964, nel 1966 e nel 1969, al Naviglio di Milano nel 1965. Espone tra l’altro a Chicago, Boston, Parigi, Berna, Torino, Bari, Bologna, Firenze; mentre si moltiplicano le firme di storici e critici di rilievo sul suo lavoro: scrivono adesso di lui, fra gli altri, Murilo Mendes, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Marisa Volpi Orlandini, Giovanni Accame; oltre ai suoi primi suoi esegeti, fra i quali in particolare Ponente e Vivaldi.
Nel 1971 tiene all’Editalia di Roma quella che sarà la sua ultima personale. Il segno s’è ora ingrandito, e si fa talora ironico e allusivo. Nell’ultimo tempo esso si orchestra sovente sui toni dell’ocra, dispiegato spesso su grandi dimensioni. In apparente contrasto con la gioiosità che sembra trasparire da questi più tardi dipinti, il decennio che allora si apre sarà un tempo esistenzialmente difficile, nel quale rallenta l’attività artistica e si dirada quella espositiva.
Il 31 gennaio 1980 muore per i postumi di un incidente automobilistico.
In aprile la Galleria Nazionale d’Arte Moderna gli dedica una larga antologica. Negli anni Novanta la sua figura è sovente rivisitata, spesso all’interno della nuova attenzione che internazionalmente si pone al Gruppo Forma. Sue ampie antologiche sono ordinate nei musei di Gibellina, Erice, Taormina, Aosta, Salò, e Trento (Mart). Nel 2007 è fondato l’Archivio Sanfilippo, diretto da Antonella Sanfilippo. Nell’ottobre dello stesso anno esce, edito dalla De Luca Editori, il Catalogo generale dei dipinti, a cura di Giuseppe Appella e Fabrizio D’Amico. Nel 2009, un volume egualmente edito da De Luca, Sanfilippo. Le carte, costituisce la prima indagine su questo modo della sua pittura.

Antonio Sanfilippo was born at Partanna, in the province of Trapani, on December 8th 1923.
From 1938 he attended the Liceo Artistico in Palermo, where his teachers included Guido Ballo. Among his closest friends was Pietro Consagra, with whom he shared an initial vocation for sculpture, a medium in which he made his exhibition debut in a collective show in Florence. In December 1942 he changed course and enrolled in the painting course of the Accademia di Belle Arti in Florence, where his teacher Felice Carena guided his first steps in the medium. Sanfilippo frequently painted en plein air, as attested by a permit he requested for this purpose from the military authorities. After returning to Partanna, he taught drawing at the town’s Istituto Magistrale.
In 1944, at the Accademia di Belle Arti of Palermo, he met Carla Accardi. The following year he exhibited at the Teatro Massimo together with Guttuso and other young artists. In September of that same year – 1945, again in Palermo  – he held his first solo exhibition (with, in the recollections of Ugo Attardi, a “limited number of paintings, modest in size”). In 1946 Sanfilippo joined the Palermo section of the Italian Communist Party. Back in Florence, he completed his studies at the Accademia before moving to Rome. Albeit still tinged with youthful idealism (“we are different because we place our sublime art above everything we live in material terms”, he wrote in a letter dated October 1946 to Carla Accardi, who was residing at her family home in Trapani) he was rationally determined to live painting as an all-encompassing obsession (“the important thing is not to abandon the discipline of thinking about painting for most of the day, without replacing it with other stuff”, again to Accardi in 1946). This newly achieved awareness soon became an exhortation: “Carla, try to find all the peace you need in work and confidence in tomorrow”.
At the end of that year, Sanfilippo went on a study trip to Paris, de rigueur for all artists, together with Accardi, Attardi, Maugeri, Turcato, Consagra. This afforded him a useful look at the European avant-garde scene, particularly the work of the Jeunes peintres de tradition française. For the time being at least, he was not receptive to the newly-born informel or to Concrete Art.
In 1947 Sanfilippo was one of the subscribers to the Gruppo Forma manifesto. After quickly overcoming an initial leaning towards post-Cubism in the manner of Picasso and Guttuso, he began experimenting with his first neo-Concrete solutions, then with Abstract, to which he remained devoted, firm in the belief that “only in Abstraction can representation tend towards revealing new aspects of things”. He participated in all the main exhibitions which involved Gruppo Forma, particularly those promoted by Art Club, which included Arte astratta in Italia at the Galleria di Roma in 1948, the third edition of Arte d’Oggi at Palazzo Strozzi in Florence in 1949 and Arte astratta e concreta in Italia at the Galleria Nazionale of Rome, in February 1951. In June 1948, Art Club had also organised the exhibition Accardi, Attardi, Sanfilippo, where he was able to present a broad selection of his recent painting work for the first time. That same year he exhibited at the 5th edition of the Quadriennale di Roma and at the 24th edition of the Venice Biennale.
In January 1951 he made a second trip to Paris, with Carla Accardi (whom he had married in September 1949). There he met personally with Hans Hartung, who would influence his painting profoundly, and Alberto Magnelli, whose work he had already been acquainted with at least since 1948. He also ‘rediscovered’ Arp and Kandinsky.
From the early-1950s Sanfilippo held major solo exhibitions in galleries with a strong leaning towards new artistic expressions such as Chiurazzi’s La Vetrina in Rome, Libreria Salto in Milan, l’Age d’Or in Rome, Cavallino in Venice, Schneider once more in Rome and Naviglio in Milan. In the second half of the decade his work began receiving growing acclaim also internationally (featured in shows abroad from New York to Osaka, Brussels, Lausanne, Pittsburgh, London) and garnering the new and influential critical support (among those who wrote on his work were Marchiori, Vivaldi, Ponente, Serpan, Tapié), while his solo exhibitions continued to grow in number.
After his debut at the historic 1948 edition of the Venice Biennale, Sanfilippo returned in 1954, 1964 and 1966 with a large and important personal room that confirmed him as the master of Italian Abstraction. Meanwhile he was regularly invited to take part in the Rome Quadriennale and – among other initiatives – prizes such as Graziano, Lissone, Michetti and Golfo della Spezia.
The 1960s definitively consecrated Sanfilippo’s reputation as a painter, both in Italy and internationally. After a brief foray into a highly dramatic, magmatic and lacerated expression of Informal (well-illustrated in a series of vertical paintings from 1959-1960, in which there is a prevalence of clashing blacks and whites), the sign was reduced and permeated by different colours, often enclosed within a large oval at the centre of the composition. This gave way to some of the best-known and typical forms of Sanfilippo’s painting, the so-called ‘clouds’ and ‘galaxies’.
Among the most salient exhibitions of his work were the solo shows at London’s New Vision Centre Gallery in 1961, at Rome’s Arco d’Alibert in 1964, 1966 and 1969, at  Naviglio in Milan in 1965. Other shows included Chicago, Boston, Paris, Berne, Turin, Bari, Bologna, Florence. The ranks of esteemed art historians and critics who wrote about Sanfilippo’s work also swelled, now including Murilo Mendes, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Marisa Volpi Orlandini and Giovanni Accame, alongside his early champions – particularly Ponente and Vivaldi.
His final solo show was held in 1971  at Rome’s Editalia. The sign had grown larger by now, tinged at times with ironical or allusive notes. Latterly it was expressed frequently in an ochre palette, often across large formats. The apparent joyfulness which these late paintings exude contrasts with a decade that had begun on an existentially difficult note, with a reduced artistic output and a slowdown in the pace of exhibitions.
On January 31st, 1980, Sanfilippo died following a car accident.
In April that same year, the Galleria Nazionale d’Arte Moderna devoted a comprehensive anthological exhibition to his work. His role as an artist was frequently reappraised in the 1990s, particularly in light of a revived international interest in Gruppo Forma. Broad retrospectives of his work have been organised in the museums of Gibellina, Erice, Taormina, Aosta, Salò and Trento (Mart). In 2007 the Archivio Sanfilippo was constituted, under the direction of Antonella Sanfilippo. In October that same year De Luca Editori published Catalogo generale dei dipinti, edited by Giuseppe Appella and Fabrizio D’Amico. In 2009 the same publishers released Sanfilippo. Le carte, the first assessment of his paintings on paper.